Sono passati quarant’anni dallo storico accordo di San Valentino tra il Governo Craxi, Cisl e Uil sul raffreddamento del punto di scala mobile che pose le basi per la stagione successiva delle grandi intese sulla politica dei redditi dei primi anni Novanta del secolo scorso. Furono le idee di Ezio Tarantelli a fare da volano all’accordo del 14 febbraio 1984: l’economista sosteneva infatti con lungimiranza la necessità di restituire al sindacato spazi di “agibilità negoziale” sottratti da automatismi che generavano un’inflazione altissima, innescando la rincorsa salari-prezzi e colpendo mortalmente il potere d’acquisto delle famiglie.

L’accordo si concretizzò con uno “scambio” in cui le parti si impegnavano in una logica di predeterminazione inflazionistica, ed il Governo dava garanzie sul blocco di prezzi e tariffe, sulla restituzione del fiscal drag, sul via libera ad alcune importanti riforme nell’ambito del mercato del lavoro. Si realizzava così un passo lungo un cammino concertativo che spostava sovranità sulla contrattazione e su una maggiore autonomia e responsabilità delle parti sociali nelle scelte di politica economica per evitare, come diceva Tarantelli “che altri decidano per i lavoratori”.

Questo fu il vero terreno di divisione tra la Cisl e la Cgil, che sul piano politico ebbe dalla sua la forza organizzativa del Pci. Ne scaturì una stagione di forte conflitto sociale che culminò con il referendum abrogativo del 9-10 giugno 1985, e con la vittoria epocale del “no” a quorum abbondantemente superato. “La gente capisce sempre se gli si spiegano le cose”, aveva detto Tarantelli, che dirigeva uno dei Centri di ricerca della Cisl, e che era caduto vittima solo tre mesi prima per mano vigliacca delle Brigate Rosse.

Responsabilità e autonomia: restano ancora oggi queste le discriminanti, tra un modello sindacale associativo, riformista, contrattualista, pragmatico, autonomo dalla politica, partecipativo, ed un altro di stampo novecentesco, ideologico, movimentista, antagonistico. Per questo l’accordo di San Valentino rimane più che mai attuale nel metodo. Quanto al merito, la sfida del nostro paese è esattamente invertita rispetto a quegli anni. Bisogna far crescere i salari e le pensioni falcidiati da anni di inflazione che ha fatto impennare prezzi e tariffe, rinnovando tutti i contratti, sostenere lo sviluppo, in tutte le aree del paese ma soprattutto nel Sud, con maggiori investimenti pubblici e privati, redistribuire in maniera più equa la ricchezza, innovazione, qualità dei servizi. Bisogna abbassare le tasse ma conservando la progressività del prelievo. Per questo non bisogna aspettare le elezioni europee e le continue alchimie della politica. E’ apprezzabile la disponibilità del Presidente Meloni a metter mano in modo organico sulle regole previdenziali, cominciando dal costruire una pensione di garanzia per i giovani, come chiede la Cisl. Ma bisogna avviare subito il tavolo e allargare il dialogo anche a tutte le materie del capitolo “crescita”, aprendo una stagione di corresponsabilità sociale su tutti i dossier economici e sociali.

Questo è il “patto” che la Cisl auspica, un “Accordo della Responsabilità” che deve unire il fronte sociale riformatore superando veti incrociati, pregiudiziali ideologiche, e vecchi e nuovi benaltrismi. Proprio come facemmo con successo 40 anni fa. Il Governo Meloni è pronto a questa sfida? Gli altri sindacati e le controparti datoriali sono pronti a dare il proprio contributo? Dobbiamo dare stabilità e qualità al lavoro – la flessibilità deve costare di più ed essere meglio pagata – e impulso alle politiche attive, alla formazione e alle competenze. Bisogna dare seguito agli impegni presi dal Governo nei mesi scorsi, dando forma a una strategia nazionale per la sicurezza in tutti i luoghi della produzione – fabbriche, campi, uffici, cantieri – e dare profondità al tavolo sulle regole pensionistiche per introdurre forti dosi di flessibilità, inclusività, sostenibilità sociale. Occorre investire molto di più su Sanità e Scuola, rafforzare il contrasto alla povertà e il sostegno alla non autosufficienza, far partire il cantiere della riforma del fisco spostando il carico da salari e pensioni alle grandi rendite finanziarie e immobiliari, senza pensare di svendere le nostre aziende pubbliche. Bisogna remare tutti nella stessa direzione e trasformare in progresso, crescita e conquiste sociali le epocali spinte del cambiamento. Ecco perchè la Cisl sta spingendo per la piena attuazione dell’Articolo 46 della Costituzione, con il pieno riconoscimento del diritto dei lavoratori a partecipare da protagonisti alla vita, agli utili e alle decisioni d’impresa. La democrazia rappresentativa non si esaurisce nel rapporto tra istituzioni e partiti. Il ruolo della società e delle parti sociali e’ fondamentale per la coesione e l’unità del paese, per favorire gli investimenti ed i processi di sviluppo. Partecipare per crescere insieme: questa sarebbe la vera svolta, il modello di democrazia economica che Ezio Tarantelli auspicava per il nostro paese già quaranta anni fa.

 

Luigi Sbarra
Segretario Generale Cisl

 

Fonte: conquistedellavoro.it