“Grazie amiche e amici di essere qui, di essere arrivati a Potenza in tanti, in questo Primo Maggio. E’ bellissimo essere qui insieme, è bellissima la festa del lavoro, il giorno che unisce le lavoratrici e i lavoratori. Donne e uomini, da Nord a Sud, di diverse generazioni, di ogni cultura o fede, qualunque sia l’etnia o il paese di provenienza”. Così il Segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, aprendo il suo comizio dal palco allestito in Piazza Mario Pagano a Potenza. Una piazza gremita di lavoratori giunti da tutto il Paese, nonostante la pioggia, per celebrare il primo maggio, che quest’anno Cgil, Cisl e Uil dedicano ai 75 anni della Costituzione, richiamando proprio il primo articolo della Carta: “Fondata sul lavoro” come slogan di questa giornata.
“Il Primo Maggio è anche memoria di tante conquiste sindacali e insieme promessa di un impegno che continua per eliminare lo sfruttamento. Per avanzare sul terreno delle tutele e dei diritti. Per rendere il lavoro, sempre di più, un’attività umana degna, dignitosa. È questo che oggi noi vogliamo affermare. La vera piena dignità del lavoro. Il lavoro come partecipazione di ognuno alla crescita della comunità. Il lavoro che deve crescere in qualità e quantità. Il cui sviluppo, come ha detto solo due giorni fa il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, deve essere un “assillo costante” per le istituzioni, per le imprese, per il sindacato.
Il lavoro lo sancisce la nostra Costituzione, che festeggia i suoi meravigliosi settantacinque anni e che chiama la Repubblica a rimuovere “ostacoli di ordine economico e sociale” per dare piena realizzazione alla persona che lavora, ha esortato a questo compito Papa Francesco, sottolineando che “nessuno deve sentirsi escluso dal lavoro dignitoso” e che il nostro nuovo orizzonte deve essere “una società che include, non scarta nessuno e favorisce la partecipazione”.
È lungo, lo sappiamo, il cammino che ancora ci separa da questa meta. Tanto che anche oggi siamo costretti a riconoscere che il lavoro troppo spesso non è il “luogo” della dignità, della realizzazione, dell’emancipazione, della creatività. C’è il lavoro oggi che si scontra con le grandi disuguaglianze generazionali, di genere, geografiche, territoriali.
C’è il lavoro che mortifica quando si traduce in precarietà, quando precipita nella schiavitù del caporalato, quando diventa sfruttamento dei più deboli, delle donne, degli immigrati.
C’è il lavoro che ferisce e uccide e questa è la piaga più terribile di un Paese che vuole dirsi civile, un Paese che vuole e deve ad ogni costo liberarsi, perché ogni vita persa o ferita su un luogo di lavoro è una grande ferita per la nostra democrazia.
C’è il lavoro che manca. Siamo in fondo alle classifiche europee per capacità di far incontrare domanda e offerta. Per il numero di giovani, più di tre milioni, che non lavorano, non studiano e non seguono percorsi di formazione. Per la percentuale di donne, specialmente al Sud, senza occupazione.
E poi c’è il lavoro che pur essendoci, fa restare povere le persone. Un esercito di lavoratori dipendenti o autonomi, quasi sei milioni, che sta, con grande dolore, a cavallo di quella soglia di marginalità sociale che segna il confine tra l’essere e il non essere. Precari, part-time, troppo spesso involontari, immigrati, persone a servizio di algoritmi o impiegate nel turismo, giovani del Sud, donne che faticano ad arrivare alla fine del mese.
Se vogliamo che l’Italia continui ad essere “fondata sul lavoro” è decisivo agire per restituirgli centralità.
Ecco perché va aperta una nuova stagione delle politiche del lavoro in questo Paese. Sul piano dei salari, innanzitutto. Non c’è bisogno di statistiche, per capire quanto la fiammata inflazionistica abbia reso ancora più pressante questo problema.
Lo abbiamo detto tante volte e lo ripetiamo oggi: serve una nuova politica dei redditi, che faccia recuperare potere d’acquisto a lavoratori, pensionati e famiglie. Dobbiamo abbattere le tasse sui lavoratori e pensionati iniziando, come ieri ci ha confermato il Governo rispondendo ad una nostra precisa rivendicazione, a ridurre in maniera ancora più forte il cuneo fiscale in modo ancora più ampio rispetto a quanto si sta prevedendo di fare e rendendolo strutturale per difendere i salari e anche per pensioni che vanno assicurati ad una piena indicizzazione e perequazione.
Noi ieri abbiamo valorizzato la scelta del Governo di concentrare tre miliardi e mezzo – che si aggiungono al taglio già esistente – per ridurre il cuneo contributivo a lavoratori e lavoratrici e per aumentare il netto in busta paga. Ma chiediamo si faccia ancora di più. Serve ancora di più.
Così come dobbiamo pretendere e rivendicare il rinnovo di tutti i contratti pubblici e privati.
Bisogna avere coraggio di scegliere la strada della corresponsabilità, del fare sistema anche rispetto alla sfida del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che per noi è una occasione storica, irripetibile che non possiamo perdere, non possiamo sprecare. Non ce lo perdonerebbero le generazioni future. Non potremmo perdonarcelo nemmeno noi.
Oggi c’è davvero da augurarsi che ci sia un soprassalto di consapevolezza da parte di tutti e che il Governo, lo abbiamo rinnovato ieri sera, torni quanto prima sulla via giusta. Il filo del dialogo in questi ultimi mesi è caduto a terra, con troppi provvedimenti approvati senza coinvolgere le Parti sociali. Quel filo deve essere ripreso. Rafforzato. Reso stabile e affidabile nel rapporto con il sindacato.
L’incontro di eri sera con il Governo a Palazzo Chigi ha un senso se apre un nuovo cammino stabile verso riforme partecipate. Lo diciamo alla Presidente Meloni: un solo albero non fa una foresta!
Il pacchetto lavoro che è in approvazione questa mattina e che giudicheremo non appena avremo letto i testi ufficiali, è stato adottato senza dialogo, senza i necessari approfondimenti. Così non va, non va bene e noi vogliamo credere veramente che il Governo voglia riprendere il confronto. Ma nel frattempo non staremo di certo fermi.
Ecco il perché della nostra mobilitazione unitaria che andrà avanti per tutto il mese di Maggio con le tre manifestazioni di Maggio a Bologna, Milano e Napoli. Non indietreggeremo di un solo centimetro. Valuteremo i comportamenti e le risposte senza preclusioni, ma anche senza fare sconti.
Perché la partita decisiva, per l’Italia e per il mondo del lavoro, è adesso che si gioca. È adesso che deve iniziare il confronto per approdare ad una vera riforma fiscale che assicuri il principio della progressività del prelievo. Ad una vera riforma delle pensioni che assicuri un sistema previdenziale flessibile, stabile e inclusivo a cominciare dal ripristino dei requisiti di Opzione donna.
È adesso che dobbiamo sbloccare gli investimenti su assunzioni di giovani, donne e accelerare la realizzazione delle opere infrastrutturali, garantire trasparenza e legalità attraverso una governance partecipata delle risorse.
E non c’è più tempo nemmeno per definire gli strumenti per contrastare povertà e non autosufficienza. Si rafforzino le risorse per il sistema socio sanitario pubblico, si sblocchino risorse per la scuola, gli enti locali, la pubblica amministrazione, per assicurare diritti fondamentali per le persone. E si costruisca una vera visione di politica industriale, di politica energetica, digitale, per governare in modo lungimirante questa fase di transizione, epocale sotto il profilo digitale, ambientale ecologico, industriale, energetico, affrontando questa curva demografica.
Si affronti il tema del Sud per approdare ad un modello di sviluppo equo e sostenibile che punti al riscatto delle zone deboli e rilanci il ruolo del Mezzogiorno. Senza il riscatto del Sud non c’è ripartenza per questo Paese che continuerà a recitare la parte povera in Europa. E’ sul Sud che dobbiamo scommettere, che dobbiamo giocare le nostre carte per fare vere politiche di unità e di coesione nazionale.
Serve investire sulle politiche attive e si deve anche aprire una vera prospettiva di democrazia economica che riconosca ai lavoratori, alle lavoratrici, piena partecipazione alla gestione, ai risultati, all’organizzazione delle aziende.
La partecipazione oggi come vedete, incrocia tutte le grandi sfide che abbiamo davanti. Salari più alti, occupazione stabile, maggiore produttività, sicurezza sul lavoro, contrasto alle delocalizzazioni, innovazione delle relazioni sindacali.
Sono sfide che per il nostro paese si possono racchiudere in una sola parola: ricostruzione. Una costruzione nuova che riuscirà solo se il mondo del lavoro sarà veramente protagonista.
E’ solo con il contributo e la responsabilità di tutti che affrontiamo questa emergenza economico sociale costruendo una visione di medio-lungo periodo. E questo lo vogliamo fare insieme, non c’è occasione migliore del primo maggio per ribadirlo: il sindacato c’è lo sappia il Governo, lo sappiano le associazioni datoriali. Il sindacato c’è e come è sempre stato nei momenti decisivi della storia di questo Paese, farà sino in fondo, con responsabilità la sua parte.
Viva Cgil Cisl Uil, viva la festa del lavoro.
Fonte: cisl.it