“Il dato pubblicato oggi dall’INPS nell’Osservatorio sui flussi di pensionamento certifica ancora una volta che le pensioni delle donne rimangono basse. In prevalenza le donne vanno in pensione con la vecchiaia perché hanno pochi contributi a causa delle carenze del mercato del lavoro e dei servizi alla famiglia, di conseguenza vanno in pensione più tardi e con assegni decisamente più bassi rispetto agli uomini di circa il 30% e anche se guardassimo al reddito pensionistico delle donne, cioè alla somma di più pensioni, la percentuale in riduzione non cambierebbe molto”. E’ quanto sottolinea il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra in una nota. “In questa situazione la Cisl ribadisce che è necessario rafforzare le politiche del mercato del lavoro che sostengono l’occupazione femminile, sostenere la contrattazione che agevola la conciliazione tra vita e lavoro e favorisce una migliore ripartizione delle responsabilità familiari sviluppando i servizi alla famiglia. Le donne, però devono essere maggiormente aiutate anche sul versante delle regole previdenziali dal momento che sono state molto penalizzate dalle riforme pensionistiche degli ultimi 30 anni. La Cisl chiede pertanto che sia ripristinata la possibilità di andare in pensione con opzione donna con 58/59 anni di età e 35 anni di contributi senza altre condizioni. La riduzione dell’assegno con questa forma di pensionamento è rilevante, come attesta anche il dato INPS che nel 2021 ha visto oltre la metà delle pensioni con “opzione donna” inferiori a 500 euro al mese. Si tratta, quindi, di una scelta che le lavoratrici devono ponderare con grande attenzione considerato l’impatto che ha sul reddito ma, proprio per questo, è importante conservare questa possibilità di pensionamento anticipato. Inoltre, per la Cisl è importante consentire alle lavoratrici madri un anticipo dei requisiti pensionistici di 12 mesi per figlio e in via generale arrivare al riconoscimento previdenziale dei lavori di cura”.
Fonte: cisl.it