Circa 16 milioni di pensionati, per una spesa di poco più di 320 miliardi di euro: è la fotografia che emerge dal Rapporto annuale dell’Inps, presentato alla Camera dalla Commissaria straordinaria dell’Istituto, Micaela Gelera, che ha sottolineato come la storia dell’Istituto, che quest’anno festeggia i 125 anni, ”si intreccia con quella dello Stato sociale italiano, riflettendo gli sviluppi e i cambiamenti che il Paese ha attraversato nel corso del tempo”.
In 5 anni per famiglie più povere inflazione è al 15%. La popolazione anziana è la più esposta alle dinamiche dei prezzi.
Dei 16 milioni di pensionati, numero sostanzialmente stabile nel 2022, il 52% sono donne che percepiscono in media un importo del 36% inferiore a quello ottenuto dagli uomini. Il 96% circa percepisce almeno una prestazione dall’Inps e oltre la metà della spesa è destinata a prestazioni di anzianità/anticipate, seguite dalle pensioni di vecchiaia e dalle pensioni al superstite. Le prestazioni assistenziali rappresentano l’8% del totale. Nel 2022 si è registrata una diminuzione del 3% delle nuove prestazioni previdenziali, principalmente a causa della diminuzione delle pensioni anticipate derivata dalla conclusione di Quota 100, e si è assistito anche a una diminuzione delle pensioni al superstite, che nel 2021 avevano raggiunto un picco, presumibilmente a causa dell’aumento dei decessi legato alla crisi pandemica. Invece, si assiste a un incremento dell’8,1% delle prestazioni assistenziali. Le pensioni ottenute attraverso ”Opzione donna” sono circa il 16% di tutte le pensioni anticipate alle donne. Ne hanno beneficiato in 175.000 circa, con un assegno di quasi il 40% più basso della media, dovuto non solo al ricalcolo contributivo, ma anche ai minori anni di contribuzione e ai minori redditi di queste lavoratrici.
A poco più di un anno dalla sua istituzione, il numero dei beneficiari dell’Assegno Unico e Universale attualmente si avvicina ai 10 milioni, con una presenza predominante di genitori lavoratori dipendenti, mentre una percentuale più bassa è rappresentata da genitori autonomi o famiglie senza genitori lavoratori. Il tasso di adesione alla misura si attesta intorno al 90% e varia in base all’età dei beneficiari, raggiungendo il 95% per i figli più piccoli e si nota un divario territoriale significativo, con un’adesione più alta nelle province del Sud (circa 92%) rispetto a quelle del Centro e del Nord (circa 86%).
Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, il numero di percettori ha raggiunto il suo valore massimo nel primo semestre del 2021, con circa 1,6 milioni di nuclei familiari beneficiari e circa 3,5 milioni di individui coinvolti. Successivamente, si è verificata una prima flessione nella seconda metà del 2021, seguita da un trend decrescente che ha portato, nei primi quattro mesi del 2023, a circa 1,2 milioni di nuclei percettori. Secondo l’Inps, l’invecchiamento della popolazione – un fenomeno ”sostanzialmente comune” a tutti i Paesi europei – porta ”criticità importanti”, da cui ”emerge la necessità di rafforzare prassi e politiche che puntino al consolidamento del mercato del lavoro e alla riduzione, per quanto possibile, delle discontinuità occupazionali”.
I lavoratori poveri (quelli che hanno retribuzioni inferiori al 60% della mediana) tra i dipendenti privati a ottobre 2022 erano 871.800, pari al 6,3% della platea di riferimento. Ma questo è dovuto probabilmente a una bassa intensità di lavoro più che a una retribuzione bassa. Secondo l’Inps, sotto il profilo numerico si tratta di una ”componente marginale” dell’insieme del lavoro dipendente. Il fenomeno delle dimissioni volontarie risulta in forte crescita, ma ”non è corretto parlare di Great Resignation perché i tassi di rioccupazione nel breve periodo sono aumentati rispetto a quelli registrati negli anni precedenti la crisi pandemica”.
Il taglio del cuneo contributivo porterà a 98 euro in più in busta paga. Nel periodo post-pandemia non c’è stata alcuna significativa ondata di licenziamenti.
Intanto l’Istat fa sapere che nel secondo trimestre dell’anno prosegue la crescita su base annua del numero di occupati (+395 mila, +1,7% rispetto al secondo trimestre 2022). Cresce il numero dei dipendenti a tempo indeterminato e degli indipendenti, cala quello dei dipendenti a termine. Il numero degli occupati nel secondo trimestre dell’anno si attesta a 23 milioni 510 mila, il livello più alto dal 2004, inizio delle relative serie storiche. Il tasso di disoccupazione scende al 7,6%: diminuiscono sia i disoccupati sia gli inattivi. Il tasso di occupazione delle donne sale a 52,6%, mostrando una crescita ininterrotta dal secondo trimestre 2021. Tuttavia, il livello di occupazione femminile in Italia è inferiore a quello di tutti gli altri paesi Ue.

 

Fonte: conquistedellavoro.it