“Accade sempre più spesso di leggere lunghe riflessioni sul mondo del lavoro accompagnati da duri giudizi sulle responsabilità delle organizzazioni chiamate a rappresentarlo. Raramente sono articoli ben scritti, magari polemici, ma ricchi di spunti pensati per stimolare un dibattito. (…) Nell’approccio alle trasformazioni del mercato del lavoro (si pensi solo alle diverse valutazioni su Articolo 18 e Jobs Act); nel giudizio su leggi che intervengono sulla misurazione della rappresentanza e sulle relazioni industriali; nel porre l’accento sull’esigenza di aggiornare e innovare contenuti e modelli contrattuali; nell’idea di una politica dei redditi e dei salari che per alcuni altro non richiede se non un salario minimo. Per non parlare della capacità di affrontare il trauma storico del superamento della netta divisione in classi sociali, dinamica accelerata dalla fine della Prima Repubblica, e – vorrei dire conseguentemente – del diverso modo di interloquire e rapportarsi con la rappresentanza politica e istituzionale. Siamo all’incrocio di tre delle quattro crisi di cui parla l’autore: sociale, economica, politica. Le posizioni della Cisl penso siano chiare su ognuno di questi grandi temi. Non sta a noi, chiaramente, fare scontate autodifese. E lo dicono i numeri. Quelli della Cisl, per esempio, cresciuta negli ultimi tre anni di circa cento diecimila associati, 53mila solo l’anno scorso. Parliamo di lavoratori attivi nel pubblico e nel privato tra cui tantissimi giovani e donne. Le comunità lavorative sono vive, vigili, presenti, come indica anche l’elevatissimo tasso di partecipazione alle elezioni delle RSU pubbliche e private, che surclassa un voto politico flagellato dall’astensione. La strada della transizione è lunga, certo. Ma evidentemente questi sindacati, almeno alcuni di essi, riescono ancora – o di nuovo – ad avere presa, grip, rappresentanza, nel mondo che cambia. Ci vuole coraggio, anche il coraggio dell’impopolarità, sicuramente quello dell’anti-populismo. E bisogna non avere paura del riformismo. Perché come diceva Tarantelli, la gente capisce sempre”.

 

Fonte: cisl.it