Il contrasto alla povertà è il primo degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Il contrasto alla povertà è il primo degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 delle nazioni unite. Le azioni dei comuni sono fondamentali per l’assistenza e l’inclusione sociale della fascia di popolazione più fragile.

Nell’anno dell’inizio della pandemia, si è registrato in Italia il livello più elevato di povertà assoluta dal 2005. Per il contrasto a queste e altre situazioni a rischio di esclusione sociale, interventi diversi vengono promossi e attuati a più livelli. I comuni, in quanto enti di prossimità, possono compiere azioni mirate per il sostegno diretto delle persone più bisognose.

La povertà è un fenomeno complesso che dipende da numerosi fattori. Non è legato alla sola mancanza di reddito ma è anche strettamente connesso con l’accesso alle opportunità e quindi con la possibilità di partecipare pienamente alla vita economica e sociale del paese. Le politiche nazionali per l’inclusione sociale, pertanto, si caratterizzano per una gamma di iniziative e compiti differenziati, sia per ambito di intervento sia per tipologia di strumenti.

Allo scopo di promuovere l’inclusione, l’unione europea utilizza tre indicatori principali per monitorare queste situazioni:

  • la quota di persone in condizione di povertà relativa (ovvero con un reddito inferiore al 60% del valore mediano della popolazione di riferimento),
  • la percentuale di soggetti in situazioni di grave deprivazione materiale
  • l’incidenza degli individui che vivono in famiglie a intensità lavorativa molto bassa.
  • In Italia, infatti, gli interventi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale vengono promossi e attuati da più soggetti che fanno capo a diversi livelli di governo (nazionali, regionali e locali). Essere a rischio di esclusione sociale significa rientrare in almeno una di queste condizioni.

25,6% la percentuale degli italiani che vivono in una condizione a rischio di esclusione sociale (Eurostat, 2019).

Tra le zone del paese in cui l’incidenza di soggetti socialmente fragili la più ampia è la zona insulare (43,6%). A seguire il sud (41,6%) e il centro (21,4%). Nel nord-ovest (16,4%) e nel nord-est (13,2%) invece sono registrati i valori più bassi. È possibile analizzare il dato a livello regionale.

DA SAPERE

L’indicatore viene definito dalla percentuale di persone che appartengono ad almeno una delle tre seguenti categorie:

  • sono in una condizione di povertà relativa (ovvero il reddito è inferiore al 60% della mediana della distribuzione del reddito familiare del paese di residenza);
  • si trovano in una condizione di grave deprivazione materiale (che causa l’incapacità di soddisfare bisogni essenziali per una vita dignitosa);
  • vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (con un rapporto tra mesi lavorati e mesi disponibili per attività lavorative inferiore a 0,20).0,20).0,20%

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat

SITUAZIONE REGIONI ITALIANE

In Campania una persona su due è a rischio di esclusione sociale.

Tra le regioni italiane, quella che segna la percentuale più alta è la Campania con il 49,7% della popolazione residente a rischio esclusione sociale. Con un valore di un punto in meno c’è la Sicilia, seguita dalla Calabria (39,8%). Le tre aree con le percentuali minori sono invece la provincia autonoma di Bolzano (11,5%), il Veneto (11,1%) e la Valle d’Aosta (8,1%).

Per aiutare le persone socialmente fragili, ci sono diversi interventi che possono essere messi in atto a tutti i livelli di governo. In questo ambito, i comuni hanno un ruolo molto importante in quanto enti più prossimi alle esigenze dei cittadini.

La spesa dei comuni per il sostegno alle persone socialmente svantaggiate

Nei bilanci comunali, c’è una specifica voce legata agli interventi per i soggetti socialmente fragili. Tra questi ci sono diverse categorie di persone: dagli indigenti agli individui con un reddito basso, fino ai migranti, i soggetti con dipendenze o gli ex detenuti.

È questa la parte del bilancio in cui sono considerate le spese per vitto, alloggio e indennità di denaro per assistere le persone in difficoltà. Sono comprese inoltre tutte le uscite dedicate alla gestione delle strutture e dei servizi dedicati alla riabilitazione e all’inclusione di chi è a rischio di marginalizzazione.

Bologna è tra le grandi città quella in cui si spende di più in favore dei soggetti socialmente deboli.

DA SAPERE

Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia. Da notare che spesso i comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata a discapito di un’analisi completa. Tra le città italiane con più di 200mila abitanti non sono disponibili i dati di Napoli, Palermo, Catania e Messina perché alla data di pubblicazione non risultano accessibili i rispettivi bilanci consuntivi 2020.

FONTE: openbilanci – consuntivi 2020

Tra le città con più di 200mila abitanti, Bologna è quella che ha uscite maggiori con 102,51 euro pro capite. Quasi il doppio del valore riportato da Roma, la seconda in classifica, che è pari a 65,51. Seguono Venezia (58,04) e Genova (54,06). I tre comuni che spendono di meno sono Firenze (18,26 euro pro capite), Verona (16,14) e Bari (4,92).

Tra il 2016 e il 2020 la spesa del comune di Bologna è aumentata di oltre il 200%.

L’andamento della spesa pro capite per gli interventi contro l’esclusione sociale nei bilanci dal 2016 al 2020 delle cinque grandi città italiane che hanno speso di più nel 2020.

Tutti e i comuni sopra citati registrano le uscite maggiori nel 2020 riportano un andamento di crescita della spesa dal 2016 al 2020. È evidente il dato della città di Bologna che risulta negli ultimi due anni l’amministrazione tra le considerate che spende di più per gli interventi contro l’esclusione sociale. È inoltre il comune con il più ampio aumento della spesa dal 2016 (+233,40%). Dopo il capoluogo emiliano, tra quelli considerati è Torino il comune ad aver aumentato di più la spesa (+147,81%). Anche le altre tre città hanno fatto registrare più uscite in questo ambito, dal 2016 al 2020. In particolare, a Genova l’aumento è stato del 72,96%, a Venezia del 54,66% e a Roma del 14,40%.

Se si amplia l’analisi agli altri comuni del paese, le spese medie sostenute dai comuni italiani per contrastare l’esclusione sociale ammontano a 16,09 euro pro capite. Le tre regioni in cui mediamente le amministrazioni riportano le uscite più ampie sono la Sardegna (65,79 euro pro capite), la Basilicata (43,37) e la Calabria (41,51). Al contrario, spendono in media di meno i comuni piemontesi (6,54 euro pro capite), valdostani (5,84) e della provincia autonoma di Bolzano (2,41).

Il comune che ha fatto registrare le maggiori uscite in Italia, nel 2020, è Carunchio, in provincia di Chieti con 1.940,60 euro pro capite. Seguono Bellosguardo (Salerno, 1.632,99), Camini (Reggio Calabria, 1.484,28) e Villa San Pietro (Cagliari, 1.375,38). Sono sei le amministrazioni italiane le cui uscite superano i mille euro ad abitante.

Considerando i primi 40 comuni per l’entità delle uscite, solo tre non appartengono all’area del mezzogiorno, quella in cui l’incidenza delle persone socialmente deboli era più ampia.

Quanto spende il tuo comune per gli interventi per contrastare la marginalizzazione sociale?

Per sapere quanto viene speso nel tuo territorio, visita il link https://www.openpolis.it/i-comuni-possono-fare-molto-per-il-contrasto-allesclusione-sociale/ Cerca… e digita il nome del tuo comune.

 

Cosa s’intende per povertà sociale?

Dal punto di vista delle politiche e dell’intervento sociale, a connotare la situazione è la presenza di un bisogno indifferibile e urgente, che se non soddisfatto compromette la sopravvivenza della persona secondo standard di dignità minimi.

 

I contenuti di questa articolo sono realizzati da openbilanci, la piattaforma online sui bilanci comunali. Ogni anno i comuni inviano i propri bilanci alla Ragioneria Generale dello Stato, che mette a disposizione i dati nella Banca dati amministrazioni pubbliche (Bdap). Openbilanci estrae i dati, li elabora e li rende disponibili sulla piattaforma. I dati possono essere liberamente navigati, scaricati e utilizzati per analisi, finalizzate al data journalism o alla consultazione.

 

Fonte: pensionati.cisl.it