La scienza sta facendo passi da gigante per quanto riguarda la diagnosi di Alzheimer
Oggi è quasi banale affermare che le demenze e la malattia di Alzheimer (MA) rappresentano un fenomeno dalle dimensioni drammatiche.
È ormai idea comune che il progressivo prolungarsi dell’aspettativa di vita, nei paesi sviluppati, comporti l’emergere di problematiche sanitarie peculiari dell’anziano. Tra queste, le demenze rappresentano certamente la più all’allarmante.
Descritta per la prima volta nel 1906, dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer.
FATTORI DI RISCHIO MALATTIA DI ALZHEIMER (MA)
- Età: è considerato il maggior fattore di rischio associato all’insorgenza delle demenze.
- Sesso: il rischio stimato di sviluppare MA è di 10-11% nei maschi e 14-17% nelle femmine all’età di 85 anni (Genin et al., 2011).
- Fattori genetici: la predisposizione alla MA è in parte geneticamente determinata. In particolare alcune mutazioni genetiche sono responsabili di malattia di Alzheimer familiare, trasmessa con modalità autosomica dominante (gene APP, PS1, PS2) o di genotipi che predispongono allo sviluppo della malattia (gene APOE).
La scienza sta facendo passi da gigante per quanto riguarda la diagnosi di Alzheimer e anche se la disponibilità di una cura efficace è ancora lontana, il contrasto alle possibili cause rimane l’unico strumento di prevenzione che può fare la differenza.
Fino al 40% dei casi di demenza, previsti a livello globale entro il 2050, potrebbero essere ritardati o addirittura evitati intervenendo sui principali fattori di rischio. È quanto emerge, anche di recente, da una ricerca pubblicata dalla famosa rivista medica The Lancet.
Sono 12 i principali fattori di rischio comprovati per la demenza: l’inattività fisica, il fumo, l’eccessivo consumo di alcol, le lesioni alla testa, la solitudine, l’obesità, l’ipertensione, il diabete, la depressione, i disturbi dell’udito, insieme a scarsi livelli di istruzione e all’esposizione all’inquinamento atmosferico.
Gli studi dimostrano che si può fare molto per migliorare la vita delle persone affette da demenza e dei loro familiari e i problemi più gravi da affrontare sono:
- poca sensibilità nel cogliere l’esordio della malattia: una maggiore capacità di fare diagnosi precoci sarebbe molto importante, sia perché offre la possibilità di trattare e rallentare alcuni sintomi della malattia, sia perché permette al paziente di pianificare il suo futuro, quando ancora è in grado di prendere decisioni;
- grande difficoltà di accesso ai piani terapeutici;
- mancanza di una rete adeguata di servizi specifici;
- disparità di trattamento non solo tra Nord e Sud, ma anche tra Regione e Regione,
tra Comune e Comune. Ci sono Regioni dove mancano del tutto servizi per la demenza, altre in cui sono presenti ma non sono conosciuti. Un esempio sono gli accessi prioritari nei pronto soccorso, dove spesso la persona malata, magari sola, essendo inconsapevole di tale servizio, si ritrova ad attendere a lungo e a causa di questo viene gestita con la sedazione;
- insufficiente conoscenza della popolazione e dei professionisti rispetto alle demenze;
- scarsi investimenti nei sistemi sanitari e sociali per migliorare l’assistenza e i servizi per le persone affette da demenza e i loro familiari.
- poco coinvolgimento delle persone malate e dei loro familiari nella formulazione delle politiche, piani, leggi e servizi che li riguardano, pur in presenza di una consapevolezza unica delle loro reali condizioni e necessità.
Il 21 settembre, si è celebrata in tutto il mondo la Giornata Mondiale dell’Alzheimer istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dall’Associazione Internazionale Alzheimer (Adi).
In occasione della ricorrenza appena passata è bene ricordare qualche dato.
DATI
In Italia si calcola che le persone con demenza siano 1 milione, di cui oltre 600 mila malati di Alzheimer. Quasi il 78% di queste persone ha un’età superiore agli 80 anni, e le donne sono in prevalenza con un rapporto di 2,4 donne a 1 uomo.
Questa malattia coinvolge, oltre i pazienti, anche circa 3 milioni di persone che quotidianamente sono dedite direttamente o indirettamente alla loro assistenza, con conseguenze sia sul piano economico che su quello organizzativo e sociale. Le principali fonti di supporto, sia assistenziale che economico, provengono dalla famiglia e la maggior parte delle persone affette da Alzheimer vengono curate a casa fino a quando è possibile.
Le donne rappresentano circa il 77% dei caregivers.
Le stime del Ministero della Salute prevedono che nel 2051 ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani, con aumento di tutte le malattie croniche legate all’età, e tra queste le Demenze.
PIANO NAZIONALE DEMENZE: COSA PREVEDE
Il Piano Nazionale Demenze (PND) – approvato nel 2014 – purtroppo è ancora scarsamente applicato. Con il Decreto “Individuazione dei criteri e delle modalità di riparto del Fondo per l’Alzheimer e le demenze” (GU n.75 del 30-03-2022), vengono stanziati per la prima volta 14.100.000 euro per gli anni 2021, 2022, 2023 e 900.000 a beneficio dell’Istituto Superiore di Sanità, per l’esecuzione di una serie di attività progettuali orientate al perseguimento degli obiettivi del Piano Nazionale delle Demenze (PND).
Tale finanziamento, che arriva dopo quasi 8 anni dalla pubblicazione del PND, per il quale inizialmente non era stato previsto alcun sostegno economico, si esaurirà nei prossimi mesi e sarà necessario chiedere al Governo di garantire nuovi fondi al Piano, così da continuare il lavoro iniziato.
Il ricorrere ogni anno della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, deve servire non solo a ricordare le persone malate e le loro famiglie, ma a far conoscere questa malattia al fine di sapere come trattarla e di evitare ogni forma di esorcizzazione e stigmatizzazione. Tutti noi, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa.
Oggi il lavoro prioritario è di tipo “culturale”, volto a eliminare o a ridurre la paura e la vergogna della patologia, al fine di aumentare la consapevolezza che la prevenzione può e deve essere effettuata sin da giovani (“vecchi sbagliati si inizia da bambini”, afferma il neurologo Ferdinando Schiavo).
Le persone vivono per molti anni dopo l’insorgenza dei sintomi e con un adeguato sostegno, molte di esse, possono e devono essere in grado di continuare ad impegnarsi e contribuire positivamente all’interno della società e avere una buona qualità di vita.
Come indicato nelle “Linee di indirizzo nazionale per la costruzione di comunità amiche delle persone con demenza”, approvate dalla Conferenza Stato Regioni il 20 febbraio 2020, bisogna costruire una comunità amica delle persone con demenza ossia una città, un paese, una porzione di territorio o un luogo, in cui le persone con demenza e le loro famiglie siano rispettate, comprese, sostenute e fiduciose di poter cooperare alla vita della comunità.
Ricordiamo che l’informazione e la consapevolezza sono fondamentali per cogliere i primi segnali nel proprio parente e per dare un nome a quello che sta succedendo, non tanto per il bisogno di “etichettare”, ma perché solo con una diagnosi precisa si può aiutare la persona nel modo migliore.
Vogliamo concludere con dei consigli su alcuni film che parlano dell’argomento e un video tratto del film Rughe:
- Away from her – Lontano da lei
- Still Alice
- La famiglia Savage
- Rughe
Leggi di più:
Giornata Mondiale dell’Alzheimer. Un nemico silenzioso
Video: Rughe. Cosa gli dici per farlo sorridere?
https://www.youtube.com/watch?v=pk4SWqYJXMg&t=15s
Fonte: pensionati.cisl.it